Che poi non è che si parli così tanto di zombi. Ogni tanto si va avanti con questo racconto a puntate e poco più. Si discuterà pure d'altro. Non so cosa, ma altro. Zebre mannare, ad esempio. Pomodori assassini, forse (sì, i nemici di George Clooney). Robe di questo genere, insomma. Slender Man. Qualche creepypasta qua e là. Un po' di spazio verrà sicuramente concesso al poliedrico autore Joseph Carrà, altro a dei disegnini simpatici. Poi chissà. Si vedrà. Quello che certamente non troverete all'interno di questo blog saranno le inserzioni pubblicitarie con AdSense e altri lettori.

martedì 21 febbraio 2017

La carne di vipera. Gli escrementi. Il gatto. I draghi cinesi.

EPISODIO 2

“La teriaca (espressione derivante dal termine greco antico thériakè, ovvero antidoto) è un preparato farmaceutico dalle supposte virtù miracolose di origine antichissima. La sua composizione ha avuto delle variazioni nel tempo, trasformandosi da rimedio contro i veleni a rimedio per combattere numerose malattie. Le teriache del XVI, XVII e XVIII secolo erano composte in prevalenza da carne essiccata di vipera, valeriana, oppio, pepe, zafferano, mirra, malvasia, e polvere di mummia. Fu considerata anche una cura per la Peste Nera. A tal fine, alla teriaca veniva aggiunta la melassa, uno sciroppo che si ottiene dalla lavorazione dello zucchero. Tuttavia, affinché funzionasse, il preparato doveva riposare per un periodo di almeno dieci anni, in modo tale da permettere la maturazione adeguata dei lieviti contenuti nello sciroppo e nelle altre colture.”

Da scartare.
Non avevo dieci anni di tempo. Tra l’altro, se si esclude l’oppio, non avevo neppure nessuno degli ingredienti necessari. Polvere di mummia. Carne essiccata di vipera. Dove cazzo la rimediavano la carne essiccata di vipera? Quanto costava all’etto? E la polvere di mummia? Come funzionava? C’era un rivenditore autorizzato?
Che secolo del cazzo, il quindicesimo.
Andai avanti con la cura successiva.

“Sovente veniva utilizzata una terapia che, diversamente da buona parte di quelle propinate da medici e ciarlatani, non richiedeva esborsi economicamente rilevanti: urine umane venivano raccolte in un’apposita sacca di cuoio, la quale veniva successivamente appesa al collo del malato. Nonostante la stravaganza, i medici ritenevano che tale pratica fosse idonea a tenere lontano il flusso pestilenziale.”

Questa ci poteva stare.
Andai in camera. Sul comodino avevo una bottiglia di Jack vuota a metà, che era avvolta in una sacca di cuoio promozionale sulla quale era ricamato il logo del brand. Sfilai l’astuccio di cuoio. Buttai giù una generosa sorsata di whisky bevendo direttamente a canna, lasciai la bottiglia sul comò e tornai in cucina con la sacca. La gettai sul tavolo. L’avrei riempita in un secondo momento. Presi una bottiglia d’acqua e attaccai a bere, poi continuai a leggere.

“I re potevano servirsi di un trattamento molto dispendioso, in forza al quale dei preziosi smeraldi venivano frantumati e sbriciolati all’interno di un mortaio, nel quale venivano poi miscelati con acqua e fatti bere al malato. Talvolta la preziosa polvere veniva mescolata con varie pietanze, oppure semplicemente ingoiata. Quest’ultima somministrazione era tuttavia molto pericolosa. Mangiare questa pietra è molto simile ad ingerire frammenti di vetro schiacciati, i quali possono facilmente generare ferite e conseguenti emorragie interne.”

Da escludere.
Anche in questo caso mancava la materia prima.

“Le stanze che avevano ospitato gli appestati venivano purificate posizionando una ciotola colma di latte fresco oppure un piatto pieno di cipolle crude al centro del locale.”

Assolutamente da fare.
Mi spostai verso il frigo e spalancai il portellone. Un cartone di latte scaduto, un cartone di latte scaduto e addirittura un terzo cartone di latte scaduto. Da poco più di due mesi. La ricetta parlava di latte fresco, ma feci spallucce e li cacciai comunque fuori dal frigorifero, che tanto sarebbero stati da buttare. Tentare era gratis. Trovai anche una retina piena di cipolle rosse nel carrellino accanto al lavandino. La presi e la poggiai sul tavolino, accanto ai tre cartoni di latte. Cacciai fuori una scodella dalla credenza. Lasciai sul tavolo pure quella. Tornai a leggere.

“Il salasso era una pratica medica particolarmente diffusa a partire dall’800 e che è stata usata fino alla fine del diciannovesimo secolo, e consisteva nel prelievo di significative quantità di sangue da un paziente col fine di ridurre l’apporto di sangue nelle sue arterie. Si tratta di un metodo comune per il trattamento dei malati, che infatti è stato utilizzato per una vasta gamma di disturbi. Per contrastare la peste, il salasso veniva praticato mediante l’applicazione di sanguisughe sul corpo del malato. All’epoca della Peste Nera, tuttavia, non tutti potevano permetterselo. Molte persone si tagliavano le vene e lasciavano che il sangue drenasse in una ciotola. Il dolore non era il problema maggiore, rappresentato dal rischio di infezioni, amplificato dalle scarse condizioni igieniche tipiche dell’epoca.”

Pure questa da escludere.
Niente sanguisughe nel cassetto delle cianfrusaglie. Lame e coltellacci ne avevo, però dubitavo che la mia mano fosse abbastanza ferma da tagliare le vene di mio cugino senza recidergli direttamente una mano.
La prossima volta che sarei andato a far spesa, avrei fatto bene a comprare carne essiccata di vipera, polvere di mummia, sanguisughe e qualche bello smeraldino, che dopotutto non si sa mai.
La spesa intelligente.

“Quanto segue rappresenta un metodo molto diffuso a partire dal sedicesimo secolo, quindi non contestualmente alla Morte Nera, ma in presenza di epidemie successive. L’intero rituale venne ribattezzato come il “metodo Vicary”, in onore al medico inglese che lo inventò, Thomas Vicary. In primo luogo, era necessario spiumare il didietro di una gallina, il quale veniva successivamente legato ai linfonodi gonfi della persona malata. Tale fattispecie richiedeva l’ausilio di un pollo vivo. In un secondo momento, quando anche l’animale veniva contagiato, bisognava lavarlo accuratamente e riposizionarlo ancora una volta sul paziente. Tale procedura andava ripetuta fino a quando uno solo dei due soggetti (il pollo e l’appestato) guariva completamente. Contrariamente a quanto sia facile pensare, questa tecnica era piuttosto diffusa. D’altronde Vicary era un medico di fama, al servizio dei Tudor, tant’è che ancora oggi si svolge con cadenza annuale una lezione speciale in suo onore presso il Royal College of Surgeons in Inghilterra. La conseguenza di tale prassi, tuttavia, fu che anche i polli divennero un veicolo della malattia.”

Niente da fare.
Lì per lì mi sembrava una buona tecnica, nulla da ridire, tuttavia non avevo un pollo, quantomeno vivo. Leggendo questo metodo Vicary, paradossalmente, mi venne una voglia fottuta di pollo al forno. Se non ricordavo male, dovevo avere un polletto nel congelatore, uno di quelli surgelati che compri all’alimentari indiano per qualche euro. Verificai. Effettivamente c’era. Era duro come una pietra. Lo cacciai fuori dal freezer, rimossi la plastica azzurra che lo avvolgeva e lo lasciai a scongelare su di un piatto di coccio vicino al lavandino.
Continuai a leggere.

“Un’altra prassi diffusa prevedeva l’incisione dei linfonodi infiammati sotto le ascelle o nell’inguine dei malati di peste. Tale apertura veniva praticata con lo scopo di permettere alla malattia di abbandonare il corpo infetto. In un secondo momento veniva applicata, direttamente sulla ferita, una miscela composta da resina, radici di fiori, ed escrementi umani. Le zone trattate venivano delicatamente avvolte in bende.”

Ni.
L’idea mi pareva pessima. L’ultima cosa che volevo fare era incidere i bubboni di mio cugino, raccogliere i miei escrementi e spalmarli sulle ferite come nutella su una fetta di pane, però feci un attimo due conti, e non è che avessi molti piani B. Tutto ciò su cui potevo contare fino a quel momento erano una sacca di cuoio piena di piscio e una ciotola con cipolle e latte scaduto. Mi pareva poca roba. Di certo non sarebbe stata la prima cosa che avrei provato, però poteva essere il mio asso nella manica.

“In alternativa si incidevano le pustole e nella ferita veniva inserito un ferro incandescente. Se il malato non moriva di peste, sovente rimaneva vittima di questo trattamento.”

Ni pure questo.
Mi fermai a riflettere. Se fossi arrivato a dover incidere le pustole di Pitto con un coltello, cosa avrei fatto dopo? Merda o ferro rovente? Non credo che esista una risposta giusta.
Merda o ferro rovente? Merda o ferro rovente? Merda o ferro rovente?
Nel dubbio presi il ferro da stiro e lo misi accanto alle altre cose sul tavolo. Tirai fuori pure un paio di coltelloni con la lama bella affilata. Feci per continuare a leggere, quando mi venne in mente di cercare nel cassetto dei medicinali qualche lassativo. Trovai uno sciroppo con effetto emolliente. Misi nel mucchio pure quello.

“Sulle tumefazioni violacee veniva strofinato burro o lardo, mentre la fronte del malato veniva cosparsa di sangue di cuccioli o, in alternativa, di piccioni.”

Si poteva fare.
Per quanto riguardava il lardo nisba, ma mezzo panetto di burro nel frigo ce l’avevo. E in un incredibile lampo di genio mi venne in mente che disponevo pure del sangue di cucciolo. M’infilai il giacchetto di pelle, paglia in bocca, pantofole, busta di plastica della spazzatura, chiavi di casa e uscii fuori. Erano le sei e mezza ma sembravano le quattro di notte. Raggiunsi il Pandino di Pitto. Notai che aveva lasciato le chiavi attaccate. Poco male. Se qualcuno aveva il coraggio di rubarsi quella macchina, significava che ne aveva veramente bisogno. Aprii lo sportello, spensi i fari e presi le chiavi. Raggiunsi la carcassa del gatto. Aveva un pezzo di quello che supponevo essere l’intestino di fuori, coperto da una schiera di formiche. Poggiai la busta a terra, tenendo l’apertura spalancata con le mani e infilai dentro il cadavere con un calcio piazzato bene.
Chiusi il sacco e tornai verso casa. L’aria era fresca.
Mi voltai e vidi un grosso drago giallo che volava nel cielo. Non un dragone di quelli grassottelli in stile medievale; uno di quei draghi cinesi, simili a grosse serpi. Una roba non troppo lontana dal drago Shenron, quello di Dragon Ball. La bestia mi guardò per un momento con due occhi infiammati, fece una smorfia strana, qualcosa che potrebbe essere scambiata per un accenno di sorriso, poi sparì dietro la luna.

Mi capitava spesso di vedere i draghi.
L’effetto degli acidi era ancora lontano dall’essere passato.
Rientrai a casa.

domenica 19 febbraio 2017

Manuale per sopravvivere alle zebre mannare - I perdibili Volume 1

Alla fine è uscito. Con un guizzo incredibile Joseph Carrà l'ha pubblicato.
Il Manuale per sopravvivere alle zebre mannare, primo volume dell'interessantissima collana "I perdibili", che si pone come l'anello di congiunzione tra appassionati lettori e creature ambigue come Slenderman, i Killer Tomatoes, gli pterodattili e solo Joseph Carrà sa cos'altro ancora...


 Il Manuale intanto lo trovate proprio qui, gratis da non credere per le prossime 48 ore.
Se arrivate troppo tardi, tipo tra un paio d'anni, non temete: ogni plenilunio, il libro sarà disponibile gratuitamente.
Mica cazzi.

lunedì 6 febbraio 2017

Le zebre mannare stanno arrivando.

!!! AGGIORNAMENTO !!!

Oggi ho ricevuto una telefonata da Joseph Carrà. Mi ha detto che il Manuale verrà pubblicato nelle prossime 72 ore e che ha le emorroidi. Mi ha anche detto che non sarà gratuito ma costerà 99 centesimi perché non si può distribuire gratuitamente su Amazon, però sarà disponibile in download gratuito i primi giorni di distribuzione nonché nelle notti di plenilunio. A tal riguardo, il sottoscritto aggiornerà un apposito calendario lunare su questo blog, affinché i lettori più parsimoniosi possano sapere quando scaricare gratuitamente il prezioso volume.

***

A breve il virtuoso Joseph Carrà pubblicherà in versione digitale l'incredibile eBook Manuale per sopravvivere alle zebre mannare - Ritratto in chiave cubista di un grigio pomeriggio. Si tratta solo di aspettare qualche giorno, e la preziosa guida sarà disponibile in download gratuito sulla piattaforma Amazon. I telegiornali non ne parlano perché probabilmente è un libro scomodo, e insabbiano il Manuale concedendo spazio al Festival di Sanremo e allo spread.



Ma Un altro zombi sugli blog non ha paura di sporcarsi le mani e vi consiglia di scaricare il Manuale e - se proprio ne avete voglia - di leggerlo pure.

Vi terremo aggiornati circa l'uscita del volume. Fra ora e allora speriamo che non vi sia un outbreak di zebre mannare, perché senza il Manuale saremmo sprovvisti di difese.